ROMA — Sinisa Mihajlovic è morto. L'ex calciatore e allenatore serbo è venuto a mancare oggi a Roma, all'età di 53 anni, al termine di una battaglia contro una forma aggressiva di leucemia che lo aveva attaccato da luglio del 2019. Era ricoverato da domenica 11 dicembre presso la clinica Paideia, per un'infezione divenuta da subito grave a causa del sistema immunitario compromesso dalla malattia stessa e dalle pesanti terapie. Domenica si è alzata la febbre e la situazione è progressivamente peggiorata, da qui la decisione del ricovero. Un'evoluzione improvvisa e drammatica, visto che venerdì e sabato Mihajlovic parlava con gli amici dei suoi programmi futuri, a partire dal desiderio di ricominciare da gennaio - una volta concluso il ciclo di terapie che stava svolgendo - a vedere partite in giro per gli stadi d'Italia e d'Europa. Lunedì 12 le condizioni di Mihajlovic sono degenerate definitivamente: l'ex calciatore di Lazio, Samp, Inter e Roma, nonché ex allenatore di tanti club in Serie A, è entrato in coma farmacologico nel tardo pomeriggio. Stretto nell'intimità della sua famiglia, con l'amata moglie Arianna sempre accanto, si è spento oggi, 16 dicembre.

 

Mihajlovic e il legame profondo con Roberto Mancini

Increduli i membri (e amici) del suo staff: sapevano ovviamente delle cure cui Sinisa si stava sottoponendo, non potevano immaginare un peggioramento così rapido delle sue condizioni di salute. In lacrime da giorni Roberto Mancini, suo "fratello" dai tempi della Samp e poi della Lazio: insieme, guidati da Eriksson, hanno regalato al club allora presieduto da Cragnotti lo scudetto del 2000. Profondamente addolorati i tifosi della Lazio, da sempre legatissimi a Mihajlovic, che ha giocato in biancoceleste per sei stagioni, dal 1998 al 2004, non a caso il periodo più vincente della storia laziale. In questi ultimi anni così difficili, non gli hanno fatto mai mancare il loro sostegno e affetto. Ricambiato, peraltro: come spesso da lui ribadito, Sinisa era rimasto tifoso della Lazio, passione trasmessa ai suoi figli.

 

 

Mihajlovic e la malattia

Da settembre, dopo essere stato sollevato dal suo ultimo incarico in panchina a Bologna, l'ex difensore e tecnico aveva ricominciato a combattere contro il male, con l'intenzione di non arretrare di un millimetro nonostante le sofferenze fisiche che doveva sopportare. Alla fine ha dovuto invece alzare bandiera bianca, come molto raramente gli era capitato nella sua carriera sportiva. Per la prima volta Sinisa ha trovato di fronte a sé un avversario malefico, che si è dimostrato tragicamente imbattibile.

 

 

La famiglia di Mihajlovic: "Morte ingiusta e prematura di un uomo esemplare"

La famiglia Mihahjlovic in un comunicato ha annunciato la scomparsa del tecnico serbo, definendo la sua morte "ingiusta e prematura". "La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Viktorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito  in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il prof Alessndro Rambaldi, e il dottoe Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l'amore che ci ha regalato"