Nella capitale Brasilia il progressista (Pt) Luiz Inacio Lula da Silva ha giurato oggi in Parlamento come nuovo presidente del Brasile. Lula, già presidente per due mandati consecutivi tra il 2003 e il 2011, succede all’ultra conservatore Jair Bolsonaro assente, fatto inedito, alle celebrazioni.
Priorità rafforzamento democrazia e sovranità nazionale
“La democrazia è stata la grande vincitrice di queste elezioni”, ha sottolineato Lula da Silva in un passaggio del suo discorso. “Il nostro messaggio al Brasile è di speranza e di ricostruzione”, ha aggiunto. “Il grande edificio di diritti, sovranità e sviluppo che questa nazione ha costruito è stato sistematicamente demolito negli ultimi anni. È per ricostruire questo edificio di diritti e valori nazionali che dirigeremo tutti i nostri sforzi”, ha affermato ancora Lula. Il presidente ha spiegato che i diritti della popolazione, il rafforzamento della democrazia e la ripresa della sovranità nazionale saranno “i pilastri” del suo terzo governo.
La cerimonia di insediamento si è svolta tra imponenti misure di sicurezza che nelle ore precedenti hanno permesso l'arresto di un uomo in possesso di un coltello e di esplosivo da parte della Polizia militare nella zona delle celebrazioni.
Lula diventa presidente per la terza volta nella sua vita, e a vent’anni dall’inizio del suo primo mandato. Vincitore delle presidenziali di ottobre, fino a tre anni fa, colui che Barack Obama definì “il presidente più popolare del mondo”, scontava in una cella brasiliana una condanna a 12 anni per corruzione. Poi il voto, con la vittoria al primo turno delle elezioni presidenziali e la conferma al ballottaggio, ha completato il riscatto politico dell’icona della sinistra latino americana dopo la scarcerazione nel 2019, dopo 580 giorni di detenzione, e l’annullamento delle condanna della Corte Suprema nel 2021. Presidente già per due mandati tra il 2003 e il 2011, il 76enne leader del Partido dos Trabalhadores nella sua campagna elettorale ha fatto perno molto sulla nostalgia per la prosperità e l’enorme crescita economia, favorita anche da fattori congiunturali come il boom dei prezzi delle materie prime esportate dal Brasile, vissuti durante la sua presidenza.
Le umili origini e i primi passi da sindacalista
Lula, il soprannome gli fu dato da bambino e poi, diventato il suo nome di battaglia negli anni delle lotto sindacale, dal 1982 è stato inserito ufficialmente nel nome è nato nell’ottobre 1945 in una famiglia povera del nord est del Paese, a Caetes nello stato di Pernambuco. Lasciò gli studi a 12 anni iniziando a lavorare come lustrascarpe e venditore di strada per aiutare la madre e i suoi sette fratelli. Entrato in fabbrica a 14 anni, Lula - che intanto si era trasferito a San Paolo - a 19 anni iniziò a lavorare nel sindacato, diventando alla fine degli anni settanta il leader del sindacato dei metalmeccanici, organizzando le proteste e gli scioperi che avviarono il movimento che portò alla caduta della giunta militare nel 1985.
La lotta contro la dittatura
Ancora in piena dittatura, insieme a Chico Mendes, e intellettuali e sindacalisti, fondò il Partido dos Trabalhadores con cui nel 1984 partecipò alla campagna Diretas Jà per chiedere un voto popolare diretto per le presidenziali. Come risultato della campagna politica e dopo anni di lotte civili, si arrivò, dopo la fine della giunta, alle prime elezioni presidenziali dirette a cui Lula - che intanto nel 1986 era stato eletto deputato - partecipò. Dopo essersi candidato ancora alle presidenziali del 1994 e del 1998, vinse quelle del 2002, nell’ambito di quella che allora fu chiamata la “marea rosa” che in America Latina in quegli anni portò leader di sinistra e centrosinistra alla guida di diversi Paesi, dall’Argentina alla Bolivia e Ecuador, con naturalmente il Venezuela del marxista Hugo Chavez come figura di riferimento.Nella capitale Brasilia il progressista (Pt) Luiz Inacio Lula da Silva ha giurato oggi in Parlamento come nuovo presidente del Brasile. Lula, già presidente per due mandati consecutivi tra il 2003 e il 2011, succede all’ultra conservatore Jair Bolsonaro assente, fatto inedito, alle celebrazioni.
Priorità rafforzamento democrazia e sovranità nazionale
“La democrazia è stata la grande vincitrice di queste elezioni”, ha sottolineato Lula da Silva in un passaggio del suo discorso. “Il nostro messaggio al Brasile è di speranza e di ricostruzione”, ha aggiunto. “Il grande edificio di diritti, sovranità e sviluppo che questa nazione ha costruito è stato sistematicamente demolito negli ultimi anni. È per ricostruire questo edificio di diritti e valori nazionali che dirigeremo tutti i nostri sforzi”, ha affermato ancora Lula. Il presidente ha spiegato che i diritti della popolazione, il rafforzamento della democrazia e la ripresa della sovranità nazionale saranno “i pilastri” del suo terzo governo.
La cerimonia di insediamento si è svolta tra imponenti misure di sicurezza che nelle ore precedenti hanno permesso l'arresto di un uomo in possesso di un coltello e di esplosivo da parte della Polizia militare nella zona delle celebrazioni.
Lula diventa presidente per la terza volta nella sua vita, e a vent’anni dall’inizio del suo primo mandato. Vincitore delle presidenziali di ottobre, fino a tre anni fa, colui che Barack Obama definì “il presidente più popolare del mondo”, scontava in una cella brasiliana una condanna a 12 anni per corruzione. Poi il voto, con la vittoria al primo turno delle elezioni presidenziali e la conferma al ballottaggio, ha completato il riscatto politico dell’icona della sinistra latino americana dopo la scarcerazione nel 2019, dopo 580 giorni di detenzione, e l’annullamento delle condanna della Corte Suprema nel 2021. Presidente già per due mandati tra il 2003 e il 2011, il 76enne leader del Partido dos Trabalhadores nella sua campagna elettorale ha fatto perno molto sulla nostalgia per la prosperità e l’enorme crescita economia, favorita anche da fattori congiunturali come il boom dei prezzi delle materie prime esportate dal Brasile, vissuti durante la sua presidenza.
Le umili origini e i primi passi da sindacalista
Lula, il soprannome gli fu dato da bambino e poi, diventato il suo nome di battaglia negli anni delle lotto sindacale, dal 1982 è stato inserito ufficialmente nel nome è nato nell’ottobre 1945 in una famiglia povera del nord est del Paese, a Caetes nello stato di Pernambuco. Lasciò gli studi a 12 anni iniziando a lavorare come lustrascarpe e venditore di strada per aiutare la madre e i suoi sette fratelli. Entrato in fabbrica a 14 anni, Lula - che intanto si era trasferito a San Paolo - a 19 anni iniziò a lavorare nel sindacato, diventando alla fine degli anni settanta il leader del sindacato dei metalmeccanici, organizzando le proteste e gli scioperi che avviarono il movimento che portò alla caduta della giunta militare nel 1985.
La lotta contro la dittatura
Ancora in piena dittatura, insieme a Chico Mendes, e intellettuali e sindacalisti, fondò il Partido dos Trabalhadores con cui nel 1984 partecipò alla campagna Diretas Jà per chiedere un voto popolare diretto per le presidenziali. Come risultato della campagna politica e dopo anni di lotte civili, si arrivò, dopo la fine della giunta, alle prime elezioni presidenziali dirette a cui Lula - che intanto nel 1986 era stato eletto deputato - partecipò. Dopo essersi candidato ancora alle presidenziali del 1994 e del 1998, vinse quelle del 2002, nell’ambito di quella che allora fu chiamata la “marea rosa” che in America Latina in quegli anni portò leader di sinistra e centrosinistra alla guida di diversi Paesi, dall’Argentina alla Bolivia e Ecuador, con naturalmente il Venezuela del marxista Hugo Chavez come figura di riferimento.