Critica la Banca centrale europea dopo l'annuncio della presidente Christine Lagarde sul nuovo incremento dei tassi a luglio, ribadisce il no alla ratifica del Mes in questo momento, illustra la strategia del governo sul dossier migranti. In vista del Consiglio europeo Giorgia Meloni interviene in Parlamento per fare il punto sul summit in agenda domani e dopodomani a Bruxelles e pone in particolare l'accento sull'inflazione, problema "quasi dimenticato" ma tornato "a colpire le nostre economie" tanto che "ci ricordiamo di come sia una odiosa tassa occulta, che colpisce soprattutto i meno abbienti e chi ha un reddito fisso". Per il presidente del Consiglio è giusto "combatterla con decisione", ma "la semplicistica ricetta dell'aumento dei tassi intrapresa dalla Bce non è la strada più corretta da perseguire, considerato che nei nostri Paesi l'aumento generalizzato dei prezzi non è figlio di una economia che cresce troppo velocemente, ma di fattori endogeni, primo fra tutti, la crisi energetica causata dal conflitto in Ucraina". Il premier perciò è netta nell'affermare che non si può non considerare "il rischio che l'aumento costante dei tassi finisca per colpire più le nostre economie che l'inflazione" e cioè che "la cura si riveli più dannosa della malattia". Per Meloni, insomma, c'è il rischio che l'aumento dei tassi possa in qualche maniera "creare ulteriori squilibri". E a chi l'accusa di attaccare l'indipendenza della Bce risponde secca: "Io difendo il mio diritto a valutare le decisioni che vengono prese. Il ruolo della politica non è dire sì acriticamente".
E la leader di Fratelli d'Italia non è pronta a dire sì nemmeno alla ratifica del Mes. Il presidente del Consiglio ribadisce infatti che "l'interesse dell'Italia oggi è affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con un approccio a pacchetto, nel quale le regole del Patto di Stabilità, il completamento dell'unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutano nel loro complesso nel rispetto del nostro interesse nazionale". Sul Mes, quindi, conferma di non aver cambiato idea ma aggiunge di essere "una persona che è sempre stata abituata ad assumersi le sue responsabilità e lo farò anche in questo caso, ma voglio cercare di difendere al meglio possibile l'interesse nazionale italiano. Io dico a tutto il Parlamento che discutere adesso questo provvedimento non è nell'interesse dell'Italia".
Tra le priorità del governo c'è invece la gestione dei flussi migratori "per stroncare il disumano traffico di esseri umani che continua a mietere vittime nel Mediterraneo", ricorda Meloni dopo aver espresso "cordoglio" per il naufragio sulle coste greche. "Una civiltà come la nostra non può lasciare agli schiavisti del XXI secolo il potere di decidere chi entra o no in Europa", attacca ricordando che se non si affronta "a monte" il tema della difesa dei confini esterni dell'Ue "è impossibile realizzare una politica di migrazione e di asilo giusta ed efficace". Riguardo alle interlocuzioni in Europa sul dossier poi chiarisce che non avrebbe "mai accettato di essere pagata per trasformare l'Italia nel campo profughi d'Europa. Quello che abbiamo chiesto e ottenuto è che quelle risorse alimentino, invece, un fondo per difendere i confini esterni, non per gestire l'immigrazione illegale ma per contrastarla". "È evidente - spiega - che i ricollocamenti non sono mai stati la nostra priorità. La questione non si risolve tentando di scaricarla su un'altra nazione. Il tema è che noi mettiamo le risorse per la dimensione esterna, quindi per affrontare il problema prima che arrivi da noi".